Lenti a contatto per la correzione della presbiopia

 

Lenti multifocali

Le lenti a contatto multifocali nascono come ausilio alternativo all’utilizzo del tradizionale occhiale da lettura. Diversamente dall’occhiale progressivo, le lenti a contatto multifocali garantiscono libertà nei movimenti degli occhi e del capo.
La prima tecnica storicamente utilizzata per la correzione della presbiopia fu la monovisione, ideata da Westsmith nel 1950 (Fonda, 1966). Essa consiste nell’utilizzo di lenti a contatto monofocali in entrambi gli occhi, uno dei quali però risulta corretto con una quantità di positivo maggiore al fine di compensare la presbiopia del portatore. Solitamente viene scelto per la visione da vicino l’occhio non dominante sensorialmente. Questa tecnica è ancora oggi utilizzata nei soggetti neo-presbiti dove l’addizione è limitata a 1D. Per contro, gli aspetti negativi significativamente evidenziabili da questo approccio sono principalmente due: la riduzione della stereopsi e della sensibilità al contrasto.
La sovracorrezione di positivo infatti causa nel paziente una difficoltà della visione binoculare da cui ne deriva una consequenziale riduzione della stereopsi anche fino a 150 minuti d’arco (Kirschen et al., 1999). Parallelamente, diversi studi hanno dimostrato come, con l’aumentare dell’addizione, si presenti anche un incremento nell’intensità della soppressione dell’occhio controlaterale, a discapito della sensibilità al contrasto (Heath et al., 1986; Larsen, Lachance, 1983).
Al giorno d’oggi, come conseguenza del perfezionamento delle tecniche costruttive e delle geometrie, le lenti a contatto multifocali, anche dette a visione simultanea, risultano un’ottima soluzione correttiva.
Esistono due principali geometrie multifocali: lenti a contatto multifocali a zone concentriche e lenti a contatto multifocali asferiche. La prima tipologia di LAC presenta una zona centrale sferica che può essere attribuita sia alla visione per lontano sia a quella da vicino. Tutt’attorno a questa zona vengono poi alternati anelli concentrici con i due poteri diottrici scelti (Figura 1). Nelle LAC multifocali asferiche invece, la superficie presenta un design asferico conico (Figura 1) che comporta un’aberrazione sferica in grado di aumentare la profondità di fuoco e di conseguenza la visione a diverse distanze, compresa la zona dell’intermedio.
Entrambe le geometrie sono disponibili nelle lenti a contatto morbide, RGP corneali, RGP per cheratocono e sclerali. Quest’ultima offre un’ottima stabilità e centratura davanti alla pupilla.

 

Funzionamento ottico

La variazione delle superfici della lente a contatto multifocale provoca una variazione dei raggi luminosi a seconda del punto in cui la attraversano. Ciò permette di creare diversi fuochi: davanti alla retina, sulla retina oppure dietro ad essa, a seconda del punto di fissazione.
Da ciò ne consegue l’esigenza di una maggiore e più profonda elaborazione cognitiva. Il cervello avrà il compito, in base alle diverse posizioni di sguardo, di selezionare la porzione di immagine nitida e, viceversa, sopprimere ed eliminare quella sfocata. In base alle capacità soggettive di ogni paziente, il periodo di adattamento percettivo a queste lenti può essere breve, quasi istantaneo, oppure può richiedere un tempo maggiore.
L’imposizione di un’immagine in parte a fuoco e in parte fuori fuoco può in alcuni casi comportare una riduzione del contrasto e della percezione dei minimi dettagli. Il portatore, infatti, potrebbe lamentare alterazioni percettive quali aloni, immagini fantasma o sdoppiamento dell’immagine. Fortunatamente l’acuità visiva ad alto contrasto è relativamente robusta in caso di perdita di contrasto dei minimi dettagli, ma in alcune situazioni quotidiane quali variazione di luce ambientale oppure nel passaggio da un’attività di lettura ad una visione a distanza, il paziente potrebbe notare difficoltà di messa a fuoco per oggetti di piccole dimensioni (Charman, Saunders, 1990).

 

Aberrazioni

Diametro pupillare
Le aberrazioni consistono in un fenomeno fisico in cui una sorgente di luce non crea un fronte d’onda piano, bensì, a causa della variazione di velocità e deviazione dei raggi luminosi lungo il loro percorso, si viene a creare una differenza tra il fronte d’onda ideale e quello reale.
Il cambio di gradazione della superficie della lente a contatto produce necessariamente delle aberrazioni. Tra tutte le aberrazioni, quella più importante e funzionale in questa tipologia di lente è l’aberrazione sferica.

Essa è in grado di creare nella retina profondità di fuoco, e nello spazio profondità di campo.
Poiché nella visione simultanea tutti i poteri presenti nella lente vengono posti davanti alla pupilla, nella retina si andranno a formare punti di fuoco prima della retina, provocati dal potere per il vicino. Allo stesso modo si andranno a formare altri punti di fuoco sulla retina deviati dal potere per il lontano. La profondità di fuoco, quindi, consente al soggetto di disporre di un range moderatamente esteso di visione nitida a tutte le distanze richieste dalle attività quotidiane.
La superficie corneale da sé genera un’aberrazione sferica positiva, ridotta notevolmente dall’asfericità prolata della stessa. Inoltre anche le superfici del cristallino provocano una deviazione dei raggi luminosi, partecipando all’aberrazione totale fisiologica dell’occhio. Nei primi decenni di vita le superfici refrattive dell’occhio compensano tra loro le aberrazioni, riducendo al minimo le aberrazioni di alto ordine che andrebbero altrimenti ad inficiare notevolmente la qualità visiva. Tuttavia, con l’aumento progressivo dell’età, il cristallino cambia conformazione provocando un aumento delle aberrazioni, la cui entità risulta essere fino a dieci volte maggiore rispetto a quelle di un occhio giovane (Artal et al., 2001). Oltre all’aberrazione sferica, è osservabile anche un aumento di tutte le aberrazioni di alto ordine, le quali comportano una degradazione della qualità dell’immagine.
La lente a contatto multifocale quindi genera un’aberrazione sferica che va a sommarsi alle aberrazioni totali dell’occhio. Tale fattore rende di difficile previsione la percezione visiva finale. Bisogna tenere in considerazione però che l’utilizzo delle lenti avviene solitamente in condizioni di luce, il che consente un’apertura pupillare ridotta e di conseguenza anche una riduzione delle aberrazioni. Inoltre, se le richieste visive dell’individuo non sono elevate e le aberrazioni oculari sono minime, la lente a contatto multifocale risulta essere un’ottima soluzione, sia dal punto di visivo che di portabilità.
Il diametro pupillare è il fattore di maggior importanza nel funzionamento delle lenti a contatto progressive, in quanto la sua variazione consente di ridurre o di aumentare i raggi luminosi in entrata e, di conseguenza, anche l’azione dei diversi poteri della lente. Essendo governato dal sistema nervoso centrale, il diametro pupillare non può essere regolato volontariamente. Tuttavia, può essere sfruttato dagli applicatori il meccanismo di miosi e midriasi a seconda degli impieghi e della luminosità ambientale al fine di migliorare la qualità visiva con le lenti a contatto multifocali.
Numerosi studi hanno dimostrato come la pupilla tenda ad assumere caratteri miotici con l’aumentare dell’età, così come quando si pone attenzione ad un oggetto a distanza ridotta a causa della triade accomodativa. Winn e colleghi hanno dimostrato come effettivamente il diametro pupillare tenda a diminuire con l’età in presenza di diverse intensità di illuminazione ambientale. Infatti in media, la pupilla di un soggetto presbite in condizioni mesopiche risulta essere uguale o inferiore a 5 mm di diametro, mentre solo in giovani e neo presbiti la pupilla, se in condizioni di scarsa luminosità, può raggiungere 6 mm di diametro (Winn et al., 1994).
Anche se un presbite non è più in grado di accomodare mentre la fissazione è su un oggetto vicino, la convergenza e la miosi pupillare continuano ad essere stimolate. Durante le attività ravvicinate quindi il diametro pupillare risulta ridotto rispetto alla visione per lontano. Per questo motivo, al fine di migliorare la visione da vicino è opportuno scegliere geometrie della lente a contatto con centro per vicino.
Un ulteriore fattore che può indurre un cambiamento nell’ampiezza della pupilla è rappresentato dall’intensità luminosa. Infatti, in caso di elevata luminosità, la pupilla si restringe per ridurre la quantità di luce che arriva alla retina ed il conseguente fastidio che provocherebbe. La scelta di un profilo a centro vicino quindi, potrebbe risultare disagevole per la visione a distanza in condizioni fotopiche, come ad esempio durante la guida o una camminata all’aperto in giornate di sole. Infatti, la pupilla restringendosi elimina i raggi che passano attraverso il potere per lontano della lente consentendo l’entrata ai soli raggi rifratti dal potere centrale per vicino. In questo modo ne deriva una visione di scarsa qualità. Al contrario, una geometria con centro lontano in questo caso consente un’ottima visione per lontano, a discapito delle attività a distanza ridotta.
Infine, un ulteriore aspetto da considerare è rappresentato dalla variazione del diametro pupillare a seconda del difetto refrattivo. Cakmak e colleghi hanno dimostrato che occhi miopi possiedono una superficie pupillare maggiore rispetto a quelli ipermetropi in condizioni mesopiche, e tale differenza risulta essere particolarmente rilevante soprattutto in ambienti scotopici (Cakmak et al., 2010; Dumbleton et al, 2018).
È opportuno quindi individuare la tipologia di lente a seconda delle esigenze e dello stile di vita del singolo individuo, considerando anche l’eventualità di utilizzare diverse geometrie nei due occhi per consentire una maggiore dinamicità. È possibile, infatti, utilizzare una lente centro lontano nell’occhio dominante e una lente centro vicino nel controlaterale. Questa tecnica applicativa chiamata monovisione modificata permette di raggiungere performance visive migliori a lunghe e brevi distanze. Nei giovani presbiti, è possibile utilizzare una filosofia applicativa simile. L’occhio dominante utilizza una LAC monofocale con la correzione per lontano, mentre il non dominante una LAC multifocale. In questo modo viene preservata parte della stereopsi e dell’acuità visiva a basso contrasto rispetto alla monovisone classica. Nel caso in cui ci fossero particolari necessità visive a distanza ridotta, è possibile utilizzare una LAC monofocale con la totale correzione per vicino nell’occhio dominante e una LAC multifocale centro lontano nel controlaterale (Freeman, Charman, 2007).

 

Pro e contro

Di seguito vengono riportati gli aspetti positivi e negativi delle lenti a contatto multifocali analizzati in questo articolo:

 

LENTI A CONTATTO MULTIFOCALI
PRO CONTRO
·       Visione nitida a tutte le distanze

 

·       Riduzione della sensibilità al contrasto
·       Facile reperibilità ·       In alcuni casi formazione di immagini fantasma/aloni
·       Comfort e praticità ·       Diverse prove prima di individuare la lente adeguata
·       Nessun limite nelle direzioni di sguardo ·       Non adatto a soggetti con necessità visive troppo elevate
·       Utili per le attività sportive ·       Rischio di complicanze nel caso di inosservanza ai protocolli di manutenzione
·       Economiche

 

N.B. Molti contro sono affrontabili e risolvibili mitigando l’addizione per vicino oppure scegliendo geometrie progressive diversificate tra OD e OS
·       Cambio di gradazione immediato e possibilità di utilizzare differenti strategie applicative

 

A cura di:

Dott. Gianmarco Reverenna   –   Studio Optica

 

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