sclerallensAttualmente, 120 milioni di persone nel mondo fanno uso di lenti a contatto (LaC) per correggere il loro difetto visivo, per questioni di comodità (ad esempio per praticare sport), per motivi estetici, per necessità lavorative. Le aziende stanno continuamente cercando di rispondere alle esigenze del cliente, non solo provando a migliorare il comfort delle lenti, ma anche minimizzandone il costo. In Europa le lenti a contatto morbide dominano il mercato attuale (circa il 95%) poiché sono meno fastidiose da indossare e correggono ormai quasi tutte le ametropie.

Un utilizzo soddisfacente di queste ultime rappresenta per molti la possibilità di svolgere normalmente le proprie attività. In particolare, le LaC rappresentano un grande vantaggio per persone che vogliono praticare sport (gli occhiali sono spesso un impedimento) o che sono affette da cheratocono, per cui spesso l’utilizzo di lenti oftalmiche non porta ad un visus soddisfacente.

Nei casi di alterazioni importanti del profilo corneale, come appunto il cheratocono, le LaC più usate e conosciute sono quelle corneali, ma oggi vi possono essere ottime alternative nel campo delle lenti sclerali.

Nel 1888 Eugene Kalt applicò probabilmente per primo lenti a contatto sclerali su cheratoconi, ottenendo risultati sorprendenti. Alla fine degli anni ’30 è stato prodotto il materiale pMMA, utilizzato per costruire dapprima la sola parte sclerale, poi tutta la lente. Alcuni anni dopo, le officine Obrig di New York ottengono delle LaC sclerali molto più leggere e tollerabili. Con la facilità di lavorazione del pMMA le lenti sclerali ebbero un grande sviluppo sia dal punto di vista delle geometrie sia delle tecniche di applicazione.

A partire dagli anni ’50, con la nascita delle lenti corneali, si assiste al declino di quelle sclerali, essendo più difficili da applicare per il contattologo: richiedono un’elevata competenza professionale e necessitano di molto tempo per effettuare prove e controlli.

Nel 1983 Donald Ezechiel, optometrista australiano, chiede alla Boston di produrre un materiale gas-permeabile di dimensioni adatte a produrre lenti sclerali. Egli adotta le tecniche applicative delle lenti preformate introdotte da Norman Bier negli anni ’50, con l’applicazione divisa in due fasi: una parte sclerale e una parte corneale (zona ottica).

Oggi le lenti sclerali sono strutture unitarie: il profilo interno è disegnato in relazione all’occhio che andrà a correggere. Il contattologo è dotato di sofisticate strumentazioni che gli permettono di studiare attentamente tutti i profili corneali.

 

In conclusione, le lenti sclerali:

  • Sono delle LaC che ricoprono l’intera congiuntiva bulbare, il cui diametro può arrivare fino a più di 2 mm.
  • La lente poggia quindi sulla sclera mediante la sua porzione sclerale.
  • La centratura della lente è indipendente dalla condizione topografica della cornea (motivo per cui apici decentrati o elevate asimmetrie della cornea non influenzano la posizione della lente).
  • La cornea non viene toccata dalla porzione corneale della lente, evitando così problemi indotti dall’azione meccanica della lente sulla cornea.
  • Sotto la parte corneale della lente vi è una “riserva di lacrime” che serve a correggere otticamente gli astigmatismi regolari e irregolari e a fornire l’ossigeno disciolto in essa alla cornea per il suo metabolismo.
  • La lente è fisicamente adesa al bulbo e quindi non si sposta nemmeno in condizioni estreme (tuffi, immersioni, ecc.).