Occhio-miope-624x493A livello funzionale e anatomico ci sono diverse componenti coinvolte nello sviluppo e nella progressione della miopia: l’accomodazione, la retina, la coroide e la sclera.

Il ruolo dell’accomodazione

La contrazione del muscolo ciliare nell’attivazione del meccanismo accomodativo può produrre una tensione sulla sclera ed un suo potenziale stiramento con conseguente allungamento assiale. Sulla base di questa ipotesi, una attività accomodativa prolungata può innescare una miopia progressiva.38 Tuttavia, non esistono studi né su esseri umani né su animali a sostegno di questa ipotesi, anzi, in alcuni studi effettuati su animali a cui è stata indotta una miopia, è stato dimostrato che la causa dell’allungamento assiale non è l’accomodazione.

Nell’ipotesi alternativa l’accomodazione svolgerebbe un ruolo positivo nella progressione della miopia in quanto ridurrebbe il defocus periferico ipermetropico. Quando l’occhio accomoda con precisione per focalizzare oggetti posti nel punto prossimo, grazie all’aumento del potere del cristallino, il piano dell’immagine cade sulla retina e il defocus si riduce eliminando lo stimolo per l’allungamento assiale. Quindi, gli occhi che riescono ad accomodare correttamente dovrebbero restare emmetropi. Al contrario, un’accomodazione errata e la presenza del defocus periferico, stimolano l’allungamento bulbare. Nei soggetti miopi, la presenza di un’immagine sfuocata nel passaggio dall’osservazione prossimale a quella da lontano fa sì che sia la retina a spostarsi verso il piano immagine, causando di conseguenza un allungamento del bulbo.35 Questa ipotesi, secondo cui l’accomodazione non è una causa della progressione miopica, è coerente con i risultati di alcuni studi sulle attività prossimali come fattori di rischio per la miopia, i quali suggeriscono di leggere in condizioni di illuminazione intensa così da ridurre il diametro pupillare e aumentare la profondità di campo riducendo così il defocus periferico ipermetropico.

Comunicazione diretta retina-sclera

Sappiamo che il segnale luminoso viene tradotto in impulso nervoso dalle cellule retiniche per poi essere inviato alle aree corticali tramite gli assoni delle cellule gangliari ed essere qua elaborato. Da studi su modelli animali sembrerebbe esserci una comunicazione diretta tra la retina e la sclera35: Wildsoet e Wallman, in uno studio sui pulcini, hanno riscontrato che l’emmetropizzazione prosegue anche dopo l’interruzione chirurgica a livello del nervo ottico. Quindi, i segnali di origine retinica che normalmente inducono un allungamento assiale, vengono trasmessi direttamente alla sclera senza lasciare l’occhio.36 Anche se da un punto di vista embriologico non sembrerebbe esserci una spiegazione a questo fenomeno, numerosi studi affermano la presenza di questa comunicazione diretta retina-sclera per cui gli stimoli visivi (tra cui lo sfuocamento) passano dalla retina all’epitelio e poi attraverso la coroide per raggiungere la sclera. Ciononostante, la trasmissione dello stimolo visivo attraverso le vie centrali rimane fondamentale per la stimolazione dell’accomodazione.

Controllo localizzato

Altri studi effettuati sugli animali hanno evidenziato che probabilmente l’allungamento assiale è localizzato e quindi solo la parte trattata (stimolazione di parti del campo visivo tramite lenti o diffusori) degli occhi tende ad allungarsi mentre l’altra non varia. Si può quindi affermare che la retina è in grado di localizzare spazialmente la presenza di stimoli provenienti da porzioni diverse del campo visivo; questa caratteristica unita alla comunicazione diretta fra retina e sclera ci dimostra che l’accomodazione non è una caratteristica fondamentale delle ametropie indotte da deprivazione o dall’uso di lenti.35

Il ruolo della coroide

La coroide è la tunica vascolare dell’occhio ed è in grado di distribuire nutrimento metabolico all’epitelio pigmentato, ai recettori retinici ed alla sclera. Considerate le sue funzioni, è interessante pensare a come i segnali legati alla visione passino dalla retina alla sclera attraverso di essa.

Da esperimenti sui pulcini condotti da Wallman e altri, e successivamente anche in altre specie animali, sembrerebbe che sia la coroide stessa a rispondere ai cambiamenti dell’ambiente visivo.35 In questa e successivamente anche in altre specie, è stato scoperto che la coroide si assottiglia in seguito a stimoli che producono un allungamento assiale del bulbo e quindi la miopia. Essendo la retina aderente alla coroide, l’assottigliamento allontana i fotorecettori dalla cornea riducendo la quantità di ipermetropia o producendo miopia; viceversa un ispessimento della coroide avvicina la retina alla cornea. Poiché nei mammiferi, a differenza dei pulcini, questa tunica è relativamente sottile, una sua variazione di spessore non produce particolari conseguenze da un punto di vista ottico. Tuttavia, questi cambiamenti restano associati alla variazione del tasso di allungamento assiale: in presenza di fattori ambientali il bulbo si allunga e la coroide si assottiglia.35

Rimodellamento sclerale

La sclera è una membrana di notevole consistenza che forma lo strato esterno dell’occhio. E’ composta da uno strato esterno fibroso (insieme di fibrille collagene di tipo I e proteoglicani associati ad elastina) ed uno strato interno cartilagineo (composto da condrociti che producono collagene di tipo II e proteoglicani).

Gli stimoli di lenti negative, in grado di produrre un aumento del tasso di allungamento assiale ed una conseguente miopizzazione, producono un assottigliamento della sclera fibrosa. In alcuni studi in gruppi di animali è stato evidenziato che attraverso la deprivazione a lungo termine si ottiene una variazione nella morfologia delle fibrille di collagene simile ai cambiamenti trovati nella sclera degli esseri umani miopi.35 Tuttavia, questi cambiamenti sembrerebbero insorgere solo dopo che la miopia venga indotta e possono essere associati a fattori casuali. Dai dati emersi in uno studio di Marzani e Wallman sulla modulazione dovuta alle condizioni visive dello sviluppo dei due strati della sclera dei pulcini, sembra che lo strato fibroso possa esercitare un certo controllo sull’aumento del livello cartilagineo.37 Anche se l’allungamento assiale spesso è stato usato per descrivere i cambiamenti oculari associati a una miopia indotta da fattori ambientali, sembra che questo modello sia applicabile solo alla sclera cartilaginea.

In sintesi, mancano ancora molti dettagli per comprendere come l’attività retinica sia tradotta in variazioni della sclera che possano controllare la dimensione degli occhi nei soggetti giovani. E’ di notevole importanza la presenza di una comunicazione diretta e locale che è indipendente dalle variazioni accomodative.

Modello di emmetropizzazione secondo Norton (1999)

Se la lunghezza assiale è inferiore a quella del piano focale e non si attiva l’accomodazione, sulla porzione periferica della retina si produce un defocus. Le immagini del defocus producono risposte più deboli sulla retina rispetto a immagini nitide. Come descritto in precedenza, i segnali retinici vengono trasmessi alla sclera attraverso l’epitelio pigmentato retinico e la coroide. Quando i segnali retinici che determinano uno stimolo di allungamento raggiungono la sclera, si ha un rimodellamento della sua matrice extracellulare. Nella componente fibrosa, questo rimodellamento determina una perdita di matrice extracellulare. Di conseguenza, la sclera si assottiglia e diventa più fibrosa. Nelle specie animali come i mammiferi, che hanno solo la sclera fibrosa, l’aumento di estensibilità può provocare un aumento del tasso di allungamento assiale. Questo meccanismo di feedback dovrebbe produrre un graduale approccio della lunghezza assiale al piano focale, tipico degli occhi in via di sviluppo. Questo avvicinamento, la sua precisione e l’eventuale arresto in condizioni di leggera ipermetropia dipenderanno dal guadagno complessivo nel meccanismo descritto da Norton.35

Bibliografia

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